Area clinica assistenziale

Responsabili e Referenti

Rosaria Alvaro

Vice-Coordinatore del Corso di Dottorato
rosaria.alvaro@uniroma2.it

Ercole Vellone

Coordinatore del Corso di Dottorato
ercole.vellone@uniroma2.it

Il self-care delle malattie croniche: il contributo del gruppo di ricerca

Il self-care è un “processo decisionale messo in atto dal paziente per preservare la salute e gestire lamalattia cronica” (Riegel et al., 2018).

Il self-care è anche un fenomeno di interesse infermieristico perché include comportamenti di vitaquotidiana modifi cabili su cui l’infermiere può agire durante l’intero processo assistenziale.

Si compone di tre dimensioni:

  • self-care maintenance: comportamenti volti a migliorare il benessere e mantenere la salute (es.praticare attività fi sica, aderenza alla terapia);
  • self-care monitoring: comportamenti di sorveglianza di segni e sintomi della malattia (es.monitoraggio della pressione arteriosa, della glicemia, controllo della cute peristomale);
  • self-care management: comportamenti di gestione di segni e sintomi della malattia (es. modificare l’attività fisica o la dieta).

Il contributo del caregiver* al self-care è “un processo di raccomandazione o sostituzione al paziente.Viene attuato dal caregiver per sollecitare quei comportamenti che mantengono stabili le malattiecroniche e ne consentono la gestione di segni e sintomi” (Vellone et al., 2019).

Nell’ambito del self-care, l’infermiere:

  • identifi ca i pazienti con inadeguati livelli di self-care
  • attua interventi educativi e ne valuta gli esiti
  • identifi ca i caregiver con inadeguato contributo al self-care
  • coinvolge il caregiver nel processo di cura dell’assistito.

I principali risultati ottenuti dal gruppo di ricerca

Il gruppo di ricerca ha prodotto evidenze su come un inadeguato self-care nelle cronicità prese inconsiderazione (scompenso cardiaco, diabete mellito, BPCO, malattie del motoneurone, lesionimidollari, malattie croniche multiple, stomie intestinali ed urinarie) ha un impatto negativo su:

  • mortalità (Jaarsma et al., 2013);
  • numero di riospedalizzazioni, accessi non programmati ai servizi sanitari e accessi al ProntoSoccorso (Buck et al., 2015);
  • riacutizzazioni e complicanze (Lee et al., 2017).

Ulteriori studi hanno consentito al gruppo di ricerca di:

  • sviluppare e validare strumenti specifi ci di misura per identifi care i pazienti con defi cit di self-care e concentrare gli interventi educativi sulle popolazioni a rischio (De Maria et al., 2019;Vellone et al., 2013; Villa et al., 2019);
  • identifi care i predittori dei comportamenti di self-care, quali: età, genere, istruzione, statosocioeconomico e variabili cliniche (Cocchieri et al., 2015).

Il gruppo di ricerca ha inoltre dimostrato che il contributo del caregiver al self-care ha un impattopositivo su funzionalità fisica, qualità di vita, aderenza alla terapia, riduzione delle ospedalizzazioni,durata dei ricoveri e complicanze negli assistiti (Buck et al., 2015).
Studi condotti dal gruppo di ricerca sui caregiver di pazienti affetti da scompenso cardiaco, malattiecroniche multiple e portatori di stomie intestinali ed urinarie hanno permesso di:

  • descrivere il contributo del caregiver al self–care (Durante et al., 2018)
  • sviluppare e validare strumenti di misura del contributo del caregiver al self-care (Villa et al.,2019)
  • identifi care i predittori del contributo del caregiver al self–care (Bidwell et al., 2015).

Gli strumenti di misura hanno consentito di identifi care i caregiver che contribuivano in modoinadeguato al self-care e di studiare il self-care nella diade paziente-caregiver (Buck et al., 2017).
L’identifi cazione dei predittori del contributo del caregiver al self-care ha dimostrato come alcunecaratteristiche individuali del caregiver possano infl uenzare il processo di self-care e gli esiti dellecure (Durante et al., 2019).
Gli studi sul self–care nella diade paziente-caregiver hanno prodotto evidenze su come la qualitàdella relazione interpersonale possa infl uenzare l’intero processo di self–care (Vellone et al., 2017).

Sviluppi futuri

  • Il gruppo di ricerca intende effettuare studi per testare strategie finalizzate al miglioramento del self-care della diade paziente-caregiver, alla riduzione della mortalità, delle ri-ospedalizzazioni improprie, degli accessi in Pronto Soccorso e della spesa sanitaria.
  • Il gruppo di ricerca intende effettuare ulteriori studi per ampliare le conoscenze sul processo di self-care in pazienti affetti da patologie neoplastiche in trattamento con chemioterapici orali.
  • Il gruppo di ricerca condurrà anche studi longitudinali per analizzare le traiettorie di comportamento inerenti il self–care ed il contributo del caregiver al self–care.

Strumenti sviluppati/validati

  • Self Care of Heart Failure Index (SCHFI) > misura i comportamenti di self care del paziente affetto da scompenso cardiaco
  • Self Care of Chronic Obstructive Pulmonary Disease (SC-COPDI) > misura i comportamenti di self care del paziente affetto da broncopneumopatia cronica ostruttiva
  • Self Care Of Diabetes Inventory (SCODI) > misura i comportamenti di self care del paziente affetto da diabete mellito
  • Self Care of Chronic Illness Inventory (SC-CII) > misura i comportamenti di self care del paziente affetto da malattie croniche
  • Caregiver Contribution of Self Care of Heart Failure Index (CC-SCHFI) > misura i comportamenti di contributo del caregiver al self care dello scompenso cardiaco
  • Caregiver Contribution of Self Care of Chronic Illness Inventory (CC-SC-CII) > misura i comportamenti di contributo del caregiver al self care delle malattie croniche

Collaborazioni e finanziamenti

Responsabili e Referenti

Responsabili

Rosaria Alvaro

Vice-Coordinatore del Corso di Dottorato
rosaria.alvaro@uniroma2.it

Ercole Vellone

Coordinatore del Corso di Dottorato
ercole.vellone@uniroma2.it

Referenti

Gianluca Pucciarelli

Professore Associato
gianluca.pucciarelli@uniroma2.it

La cronicità: Il contributo del gruppo di ricerca

Il gruppo di ricerca si focalizza sui nuovi fabbisogni assistenziali, espressi e non, dalla popolazione. In particolar modo, ha individuato all’interno del contesto clinico assistenziale sulle malattie croniche i seguenti aspetti prioritari:

  • favorire l’aderenza terapeutica delle persone affette da cronicità, al fi ne di ridurre i costi sanitari
  • comprendere l’influenza dei familiari sull’aderenza terapeutica e sulla qualità di vita di chi è affetto da patologia cronica e fragilità
  • validare strumenti specifici atti alla corretta misurazione di outcome assistenziali nell’ambito della cronicità e fragilità
  • valutare l’impatto che gli assistenti familiari (c.d. badanti) hanno all’interno di un nucleo familiare

I principali risultati ottenuti dal gruppo di ricerca

Il gruppo di ricerca ha dimostrato:

  • la riduzione della spesa sanitaria sostenuta da persone affette da cronicità attraverso interventi educativi inerenti la preparazione di caregiver informali (Pucciarelli et al., 2019)
  • la riduzione delle giornate di degenza ospedaliera all’interno di una Terapia Intensiva di cardiochirurgia attraverso programmi di individuazione precoce di eventi avversi come il delirium (Simeone et al.,2018)
  • l’esistenza di variabili che predicono ed influenzano la qualità di vita dei pazienti con ictus e dei familiari che se ne prendono cura (caregiver informale) (Pucciarelli et al., 2019)
  • l’interdipendenza multidimensionale reciproca tra la persona con ictus e caregiver informale (Simeone 2015) (Pucciarelli et al. 2017; Pucciarelli et al., 2019)
  • l’influenza della funzionalità fisica del paziente e del burden del caregiver informale sulla qualità di vita della diade (paziente con ictus-familiare) (Pucciarelli et al. 2017)
  • il miglioramento dell’aderenza terapeutica di una persona con patologia cronica attraverso una adeguata preparazione del caregiver (Virgolesi et al., 2019)
  • il miglioramento della qualità di vita dei genitori di bambini affetti da patologie croniche attraverso programmi educativi (Simeone et al., 2017)

Il gruppo di ricerca ha testato la validità e l’affidabilità delle seguenti scale:

  • Cardiac Children’s Hospital Earling Warning Scoring, (Simeone et al, 2019)
  • Stroke Imapct Scale (Vellone te al., 2015)
  • Cornell Assessment of Pediatric Delirium (Simeone et al., 2019)
  • Mutuality scale (Pucciarelli et al., 2018) (Pucciarelli et al., 2016)
  • Caregiver Preparedness Scale (Pucciarelli et al., 2018)

Sviluppi futuri

Il gruppo di ricerca ha avviato nuovi studi al fi ne di progettare, sperimentare ed attuare:

  • specifici strumenti valutativi di outocomes assistenziali specifici nelle condizioni di cronicità (es.: riduzione degenza ospedaliera, riduzione spesa sanitaria sociale ed individuale)
  • programmi educativi specifici rivolti ai caregiver di persone con patologie croniche
  • programmi educativi specifici per gli assistenti familiari

Il gruppo di ricerca ipotizza che tali sviluppi futuri possano portare ad una riduzione della spesa sanitaria sociale ed individuale, riducendo i giorni di degenza ospedaliera ed i ricoveri inappropriati.

Strumenti sviluppati/validati

  • Cardiac Children’s Hospital Earling Warning Scoring (C-CHEWS)> è in grado di individuare rapidamente bambini operati di chirurgia cardiaca ricoverati in reparto di degenza chirurgica post-operatoria che necessitano di cure intensive, può predire arresti cardiocircolatori improvvisi in tale popolazione
  • Stroke Imapct Scale (SIS)> Uno strumento specifico per misurare la qualità di vita delle persone con ictus cerebrale
  • Cornell Assessment of Pediatric Delirium (CAPD)> è in gradi di individuare delirium ipoattivo, iperattivo o misti nella popolazione pediatrica, maggiormente al di sotto dell’età scolastica
  • Mutuality scale (MS)> valuta il libello di mutualità presente nella diade di cura
  • Caregiver Preparedness Scale (CPS)> valuta la preparazione percepita del caregiver

Riconoscimenti e premi

  • 2016, premio nazionale G. Zunnino Società Italiana di Cardiologia Pediatrica
  • 2017 premio nazionale G.Zunnino Società Italiana di cardiologia pediatrica
  • 2018 premio nazionale G.Zunnino Società Italiana di cardiologia pediatrica
  • 2017 CVSN Stroke Article of the Year Award
  • 2018 Premio SISI award 2018 Società italiana Scienze infermieristiche
  • 2018 GRANT Cardiaca research Fondazione cuore Domani Società Italiana Chirurgia
  • 2018 Post-doctoral mentorship Award- European Society of Cardiology
  • 2019 premio nazionale Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare
  • 2019 CVSN Clinical Article of year Award American Heart Association’s Council on Cardiovascular and Stroke Nursing

Collaborazioni e finanziamenti

Responsabili

Rosaria Alvaro

Vice-Coordinatore del Corso di Dottorato
rosaria.alvaro@uniroma2.it

Ercole Vellone

Coordinatore del Corso di Dottorato
ercole.vellone@uniroma2.it

Referenti

Valentina Zeffiro

Ricercatore
valentina.zeffiro@uniroma2.it

I Nursing Minimum Data Set (NMDS): il contributo del gruppo di ricerca

La rapida diffusione delle conoscenze infermieristiche ha generato un’ampia quantità di dati che gliinfermieri utilizzano e processano per l’erogazione dell’assistenza. Tale quadro ha guidato il gruppodi ricerca nello studio di sistemi informatizzati e terminologie standardizzate in grado di rendere piùagevole la compilazione e la gestione della documentazione infermieristica.

“Un insieme minimo di elementi informativi, con defi nizioni e categorie uniformi relative alla dimensionespecifi ca dell’assistenza infermieristica, che risponde alle necessità d’informazione da parte di piùutilizzatori nell’ambito del sistema della salute” (Werley, 1991).

In particolar modo il gruppo di ricerca si è occupato di:

  • ricondurre ad un linguaggio infermieristico standardizzato quanto riportato dagli infermierinella documentazione assistenziale
  • sviluppare un NMDS che guidi gli infermieri nell’attuazione del processo di nursing
  • verifi care l’infl uenza dei NMDS sull’accuratezza della documentazione infermieristica
  • validare in italiano uno strumento (D-Catch) in grado di misurare l’accuratezza delladocumentazione infermieristica
  • indagare l’impatto che gli elementi dell’assistenza infermieristica (diagnosi e interventi) hannosugli outcome assistenziali e organizzativi
  • tradurre in italiano, tramite backtranslation, il Clinical Care Classifi cation (CCC) Model, unatassonomia infermieristica riconosciuta a livello internazionale e gratuita

Principali risultati ottenuti dal gruppo di ricerca

Il gruppo di ricerca ha raggiunto i seguenti risultati:

  • ha dimostrato che ciò che gli infermieri italiani scrivono nella loro documentazione può essere facilmente ricondotto a una terminologia infermieristica standard condivisa a livello internazionale (D’Agostino et al., 2018)
  • ha sviluppato un sistema informativo infermieristico, denominato PAI (Professional AssessmentInstrument), che include un NMDS caratterizzato da un linguaggio infermieristico standardizzato (D’Agostino, Vellone, Tontini, Zega, & Alvaro, 2012). Tale sistema, registrato alla SIAE, è integrato nella documentazione sanitaria elettronica del Policlinico A. Gemelli dal 2013 (D’Agostino et al., 2013). Il PAI è in via di utilizzo anche in altre realtà della Regione Lazio
  • ha descritto la prevalenza delle diagnosi e interventi infermieristici e ha analizzato il loro impatto positivo sul livello di dipendenza dei pazienti e la loro correlazione con le diagnosi mediche, sia in setting ospedalieri che territoriali (Sanson et al., 2019; Zeffiro et al., 2018)
  • ha dimostrato che la complessità assistenziale, data dalla tipologia di diagnosi infermieristiche, è correlata al tempo di degenza e alla mortalità (D’Agostino et al., 2017)
  • ha individuato il numero di diagnosi infermieristiche essere un forte predittore indipendente del tempo di degenza (D’Agostino et al., 2019)
  • ha dimostrato che la versione italiana del D-Catch è uno strumento valido e affidabile (D’Agostino et al., 2015)
  • ha prodotto evidenza che l’utilizzo del PAI migliora l’accuratezza descrittiva cronologica e diagnostica della documentazione infermieristica (D’Agostino et al., 2019)
  • ha tradotto il CCC Model, in collaborazione con l’autrice, la Dott.ssa Virginia Saba. È stato inoltre inserito nel sito CCC (https://www.sabacare.com/framework/translations/) tra le traduzioni ufficialmente riconosciute.

Sviluppi futuri

Il gruppo di ricerca sta lavorando a nuovi progetti e/o studi di ricerca al fine di:

  • studiare l’applicabilità e l’efficacia dei NMDS nei setting territoriali
  • studiare l’impatto che gli elementi dell’assistenza infermieristica hanno sugli outcome assistenziali e organizzativi, in ulteriori setting ospedalieri e territoriali
  • analizzare la prevalenza delle diagnosi infermieristiche in diversi setting assistenziali nazionali e internazionali
  • confrontare, analizzando la letteratura internazionale, le 5 terminologie infermieristiche standardizzate riconosciute dall’American Nurses Association (ANA) per definirne vantaggi e svantaggi
  • sviluppare una versione aggiornata del PAI

Il gruppo di ricerca ipotizza che tali sviluppi futuri possano portare all’individuazione di un NMD Sadeguato alla realtà assistenziale italiana. Inoltre, il gruppo ritiene che, dimostrando l’efficacia dei NMDS nella pratica clinica, questi sistemi informativi possano essere diffusi e validati nei diversi setting assistenziali e utilizzati non solo per fi ni assistenziali ma anche per fi ni di politica sanitaria(miglioramento della qualità delle cure e remunerazione dell’assistenza infermieristica).

Il gruppo propone l’inserimento dell’assistenza infermieristica all’interno del calcolo dei DRG, per essere considerata come uno dei costi ospedalieri.

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